Catalogna

Sono a Barcellona in una tranquilla domenica di febbraio 2018. Io e mia moglie Tania siamo alla conclusione di un fine settimana nella città catalana dato che c’era la mezza maratona di podismo ed io erano anni che la volevo correre. Quindi, dopo due giorni di turismo, dopo aver corso la mattina i miei bei 21 km e mia moglie fatto le foto ed il tifo, il pomeriggio, dopo aver lasciato i bagagli al deposito, andiamo a fare due passi in attesa di recarci all’aeroporto la sera per prendere il volo per tornare a casa. Andiamo nel cuore della città, ovvero Placa De Catologna, che diciamo è la piazza più importante da dove si raggiungono tutti i posti più suggestivi. Qui assisto ad una cosa che raramente si vede a giro. Premetto che non sono un grande esperto di questioni interne ai paesi europei, anzi per nulla, ma siccome ogni tanto mi capita a casa di seguire il tg e gli altri organi di informazione, mi ricordo che per diverse settimane ci hanno martellato sulla questione dell’indipendenza della Catalogna dalla Spagna, con tanto di elezioni abusive, popolazione in piazza in rivolta, propaganda, comizi, bandiere indipendentiste che sventolano, governi nominati e destituiti, cariche della polizia mandata da Madrid sulla folla, con un presidente catalano che è dovuto andare in esilio all’estero e via discorrendo. All’inizio infatti, prima di partire, avevo un po’ di timore ad andare a Barcellona perché mi chiedevo se per la mia passione per il podismo valesse la pena andare in una città, in una paese dove c’erano ogni giorno contestazioni e sconti di piazza. Mi chiedevo: non è che ci ritroviamo in mezzo ai disordini ed ai tafferugli e magari ci arriva una bomba molotov o una manganellata mentre siamo a giro per la Rambla?
Quello a cui assistiamo è una scena abbastanza strana: da una parte i gazebo degli indipendentisti, con le loro bandiere, le tendine da campeggio quechua montate per fare i presidi notturni, il tavolo per la raccolta delle offerte per il movimento, ci sono donne in cerchio che cuciono a maglia accompagnate da un signore che suona la chitarra, anche alcuni uomini cuciono a maglia….stranissimo. Ci sono bambini che giocano, e gente di tutte le età. 

A 50 metri, dall’altro lato della piazza ecco i gazebo di quelli che la pensano al contrario, cioè che vorrebbero la Spagna unita, con le bandiere spagnole, anche loro con le tende per i presidi, i tavoli per le sottoscrizioni, non hanno chi suona la chitarra ma hanno uno stereo da cui ogni tanto mandano l’inno spagnolo. Anche qui ci sono bambini che giocano e gente di tutte le età, anziani, giovani. Ognuno con le sue idee a pochi metri uno dall’altro, tutto è pacifico. 

Nel mezzo della piazza, equidistante tra i due presidi, una sedia con delle penne per scrivere, dei fogli, alcuni post-it adesivi ed un piano di legno leggermente sollevato da terra in cui c’è scritto “spazio per il dibattito, come deve essere il paese che chiediamo?” su cui la gente può apporre il post-it con quello che pensa o dove le due fazioni contrarie si possono incontrare e sedere per discutere. 

Gente che abita nella stessa città. Il tutto nella più totale quiete.
I vari tg in Italia ce l’avevano descritta come la seconda guerra civile spagnola, invece non solo è tutto l’opposto ma l’ho anche trovata un bell’esempio di democrazia.
E’ proprio vero che l’informazione da noi lascia il tempo che trova, e ci sarebbe da discutere per giorni. Ma lasciamo perdere, viva la democrazia.
Ho fatto naturalmente delle foto, che non hanno nulla di bello ma che sono solo documentative. Vi immaginate da noi una cosa del genere?

foto di www.scattovisuale.com

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